“La Fermana comunica che mister Fabio Brini ha rassegnato le proprie inderogabili dimissioni da responsabile tecnico della prima squadra gialloblù. Il club, dopo un vertice interno nella serata di ieri, ha deciso di accettarle, ringraziando il mister per l’impegno profuso ed il lavoro svolto durante questa parte di stagione. Al tecnico la società augura inoltre le migliori fortune per il prosieguo di carriera”. Finisce così, formalizzate da queste poche righe pubblicate dalla società canarina, l’esperienza di fabio Brini sulla panchina gialloblù.
Un addio che arriva dopo 8 punti colti in 9 partite, con una media di 0,88 punti a gara. Una media non molto dissimile da quella della gestione Bolzan, che nell’intero girone di andata (17 partite) portò in dote 16 punti (media di 0.94 punti a partita).
Andamenti altalenanti, mai suffragati dalla necessaria continuità. Se non in negativo, se è vero che questa Fermana è reduce da un solo punto colto nelle ultime 5 gare, rendimento che l’ha fatta sprofondare stabilmente all’ultimo posto della classifica.
Due “sergenti di ferro” per una squadra che non ha mai risposto alle sollecitazioni
Certamente non si può dire che la Fermana non abbia avuto quest’anno tecnici di temperamento in panchina. Sulla carta sia Dario Bolzan che Fabio Brini avevano le caratteristiche necessarie per guidare la nave gialloblù nelle acque agitatissime della lotta salvezza. Insomma, il carattere giusto per battaglie domenicali sempre difficili. Ma il gruppo non ha mai risposto alle sollecitazioni, sia dei tecnici che della società, nonché di un ambiente che ha perso giustamente la pazienza.
Fabio Brini, rispetto al precedessore, ha avuto anche qualche elemento di qualità in più (si pensi a De Silvestro e all’argentino Etchegoyen), ma il rendimento non è mai salito e il livello generale è sempre rimasto lo stesso. Qualcosa vorrà pur dire…
Una campagna di rafforzamento a metà: undici titolare potenzialmente migliore, rosa colpevolmente più “leggera”
La partita di ieri, dopo quelle dell’ultimo mese, ha anche messo in evidenza una rosa forse inadeguata per la salvezza. Assenti Karkalis e Romizi, nel momento decisivo del match la Fermana non ha trovato ieri alcun apporto dai subentrati. Anzi, le loro prestazioni sono state nefaste (sul piano tecnico, fisico e della malizia) e la Fermana è sembrata quasi giocare gli ultimi 20 minuti in doppia inferiorità numerica… Pappalardo non è neppure entrato, davanti non ci sono alternative… Sì, la gara di ieri è stata caratterizzata anche da scelte tecniche che hanno dato l’impressione di mettere ulteriormente in evidenza il “poco” su cui poter fare affidamento.
Se a questo aggiungiamo elementi giovani ma capaci di fare la voce grossa solo fuori dal campo ed elementi esperti in evidente involuzione (De Silvestro, per esempio, è incappato ieri in una giornata “no” e sembra condizionato dalla confusione generale), allora il quadro è completo.
Insomma, tolte un paio di pedine, dal mercato invernale non è arrivato quello che serviva in fatto di corsa, cattiveria agonistica, presenza fisica.
Dalla società “bicefala” a quella “polifonica”: proprio impossibile operare all’unisono?
L’addio di Brini sancisce una crisi importante in casa canarina, dimostrata ampiamente dai risultati del campo ma evidentemente con radici profonde anche in altri settori.
Quella in corso è, come nel recente passato in Serie C, una stagione iniziata malissimo, andata avanti con difficoltà, apparentemente stabilizzata dopo la partenza di una parte della vecchia dirigenza ma mai decollata, anche per atteggiamenti onestamente incomprensibili.
A inizio anno avevamo parlato di una società “bicefala”. Dopo le dimissioni di Catalano e la partenza di alcuni “consulenti” societari, questo aspetto è stato sostituito dall’ingresso di alcuni dirigenti-tifosi di grande attaccamento e di sicura buona fede, ma l’impressione è che si sia passati da un approccio “bicefalo” a una vocazione “polifonica”. Non parliamo poi dei rapporti con il direttore generale, Federico Ruggeri, o con il Direttore sportivo, Michele Paolucci, che atteggiamenti dirigenziali a volte sembrano “sopportare” più che “supportare”. Legittimo, ma che senso ha tutto questo? Se un comparto tecnico soddisfa si tutela, se delude si sostituisce. Come in ogni azienda. Inutile lasciare tutti al proprio posto e contestualmente far circolare notizie – sempre dall’interno – di giocatori voluti dal presidente, piuttosto che presi dal vicepresidente, di soggetti demansionati, ecc… A chi giovano queste prese di posizione? Dove portano questi distinguo? Ecco, Fabio Brini sembra aver fatto capire dove portano: al nulla. Con un gruppo giocatori che non risponde, con una società che da mesi fatica a parlare un’unica lingua, con una strada che sembra tracciata.
La dirigenza si sta dando da fare, a cominciare dal rispetto del pagamento degli stipendi (non dovrebbe essere una notizia, ma visto che va di moda segnalarlo e che i giocatori che bussano cassa fanno più rumore di quando arrancano in campo…). Ma forse serve qualcosa di più a livello di approccio e di gestione.
Chi al posto di Brini?
A tenere accesa la fiammella della speranza rimangono la matematica e la indomabile speranza dei tifosi. E allora, chi sarà chiamato adesso a sedere sulla panchina gialloblù? Si andrà a contrattualizzare il terzo tecnico della stagione o si opterà per una soluzione interna? Indiscrezioni sembrano portare verso la prima soluzione, anche se non sarà facile trovare un tecnico che possa fare la diferenza in un contesto così difficile. Certamente una decisione sarà presa a breve, in modo che la squadra possa avere da domani qualcuno che possa dirigere i lavori alla ripresa degli allenamenti.