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A Fermo il calcio è in debito di ossigeno. 300 giocatori in 7 anni: quando gestione tecnica e gestione finanziaria parlano “lingue” diverse

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Mentre attendiamo notizie sul futuro della Fermana, e mentre registriamo il parere favorevole della proprietà canarina sulla possibilità che imprenditori locali arrivino a supportare (per ora) la dirigenza gialloblù nell’approccio alla serie D (proviamo a dare qualche nome: Dario Bolzan allenatore; Michele Paolucci Ds; Federico Ruggeri Direttore generale), in attesa che si definisca la ormai nota questione della ristrutturazione del debito, proviamo a fare qualche altro ragionamento. Il tutto in un momento di evidente crisi del calcio fermano, momento in cui i conti fanno fatica a riportare, la sofferenza dei bilanci è conclamata e dirigenti facoltosi e meno facoltosi sono stati costretti comunque, nel corso degli anni, a dire “basta”, vista la difficoltà a far fronte alla gestione.

Se comparto tecnico e gestione societaria parlano “lingue” diverse

Il primo problema è legato allo scollamento evidente tra gestione tecnica e gestione finanziaria della società. In principio fu Maurizio Vecchiola, che da subito dettò una regola: la Fermana non spenderà mai tanti soldi per la retribuzione di un calciatore. Filosofia anche comprensibile, se non fosse che il problema nel corso degli anni non è stato il grosso stipendio di pochi (e magari abili…) calciatori, ma gli stipendi normali di frotte di atleti. Tant’è che, prima di lasciare il suo posto, Vecchiola dovette registrare già un debito abbastanza corposo, a fronte di molti denari elargiti.

Abbiamo fatto un rapido conto, a spanne. Conto che può essere anche leggermente impreciso, ma basta andare sul web e digitare “rosa Fermana” delle singole annate per farsi un’idea. E questo anche perchè avevamo perso i riferimenti, nel corso degli anni, del continuo andirivieni di giocatori, in una sorta di “Grand hotel Fermana” che ha movimentato in 7 stagioni di professionismo un gran numero di atleti.
Allora, in 7 anni di Serie C la Fermana ha movimentato più o meno 300 calciatori, con una media di circa 43 a stagione! Atleti arrivati, poi ripartiti, in alcuni casi tornati. E ogni volta contratti da fare, da disdire, da rifare. Con provvigioni, ecc…
Ovviamente questo ha comportato retribuzioni dirette, ma anche contributi da pagare, multe successive per obblighi non ottemperati, ecc… Si spiega anche così il debito arrivato quasi a 4,5 milioni di euro. E, come disse l’avvocato Gambelli in una recente intervista su queste colonne, la Fermana ha colto anche l’occasione del concordato fiscale per inserire tutto ciò che è emerso e fare in modo che, ad accordo raggiunto, la società possa essere il linea di galeggiamento, ripulita e pronta per eventuali acquirenti. Ma torniamo alla gestione tecnica…

Come fa una società a tenersi a galla in queste condizioni?

La prima constatazione, dunque, è la seguente: come mai 300 giocatori movimentati (tra under e over) hanno partorito il classico topolino sul piano dei risultati (5 salvezze e 2 retrocessioni) e debiti milionari? Beh, qualcuno dovrà pure spiegarlo…
Seconda domanda: quanti giocatori sono stati formati dalla Fermana e rivenduti, con relativi e preziosi incassi e preziose plusvalenze? Pochi, qualcuno dice addirittura nessuno…
Non solo, non ci risulta che premi di valorizzazione siano stati riconosciuti alla Fermana per il lancio o il recupero di atleti importanti. Qualche esempio: Maggio e Romeo, o il recupero di Parodi (reduce da grave infortunio), o la vendita di un bomber come Fischnaller, autore di molti gol e sotto contratto per un altro anno con i canarini!
Quest’anno, se le nostre informazioni sono giuste, gli unici soldi arrivati sono quelli dell’Inter, che nonostante il fallimento tecnico di giovani come Biral, Curatolo e Gianelli, ha comunque lasciato alla società gialloblù il compenso pattuito a inizio stagione per la loro valorizzazione.

La domanda allora è: come fa una società come la Fermana a trovare una sua dimensione, fatta di competitività e autonomia finanziaria, se dal settore giovanile non arriva nulla (forse il solo Pistolesi in questi anni è emerso, ma dopo la retrocessione non lo troverete comunque a bilancio), se i giocatori che vengono valorizzati per altre squadre non portano soldi e se anche i giocatori sotto contratto vengono lasciati andare e non portano introiti a bilancio ed eventuali plusvalenze?

Un monito per il futuro

Abbiamo fatto tutto questo ragionamento, non a caso, alla vigilia di quella che sembra essere una nuova fase decisiva per la Fermana. Vedremo nelle prossime ore quello che accadrà, se qualcuno correrà davvero al capezzale dei gialloblù e se una nuova stagione potrà finalmente partire (sarebbe ora…).
Quello che è certo è che dovranno cambiare completamente (e sottolineiamo COMPLETAMENTE) la basi logiche, economiche e lavorative su cui impiantare la nuova società. Comparto tecnico e dirigenziale dovranno lavorare a stretto contatto; gli operatori di mercato dovranno rispondere a logiche societarie e non di “gruppo”; il settore giovanile andrà riorganizzato con radici sul territorio e non “appaltando” squadre all’esterno, ecc…
Insomma, molto se non tutto dovrà cambiare. Ne va del futuro di questo sport a Fermo.

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