Per capire la situazione della Fermana occorre tornare probabilmente allo scorso 26 luglio. E occorre ascoltare le parole pronunciate quel giorno in conferenza stampa dal tecnico che veniva presentato: Andrea Bruniera.
Ad un certo punto, chiamato a rispondere sulla Fermana e sul campionato 2022/2023, Bruniera affermò: “La Fermana e il suo capitano Giandonato hanno fatto un campionato strepitoso. Mi auguro si possano ripetere, ma ripetersi non è mai facile”. E aggiunse: “Mai come nell’annata passata c’è stata una Fermana divertente e piacevole, di qualità”.
Una discontinuità difficile da comprendere
Un galantuono, intellettualmente onesto. Con quelle frasi Bruniera rese merito al suo predecessore e, contemporaneamente, fornì un assist per far aprire gli occhi all’intero ambiente gialloblù. In altre parole, il mister diede la stura a tutta una serie di interrogativi e, con quel “ripetersi non è mai facile”, di fatto anticipò le possibili difficoltà che si sarebbero potute presentare nel corso della stagione.
Frasi semplici, che avrebbero dovuto far sobbalzare i presenti. A partire da una dirigenza che, da quelle affermazioni, riceveva già un duro colpo alla propria credibilità. Frasi che, infatti, avrebbero dovuto subito attivare alcune semplici domande. Del tipo: se la Fermana bene ha fatto nel recente passato, perché cambiare? E perché cambiare in un momento di così profonda difficoltà (finanziaria e riorganizzativa) societaria? E ancora: se le risorse erano – e sono – limitate, perchè non puntare sulla necessaria continuità tecnica per cercare di sopperire a tale scarsa agibilità sul mercato? Una continuità non per omaggiare aprioristicamente l’ex tecnico e l’ex diesse, Protti e Andreatini – come qualche malpensante potrebbe obiettare -, ma proprio per mero calcolo, addirittura per puro egoismo! E invece nulla, via tutti: tecnico, direttore sportivo, qualche giocatore importante. Nessuno ha avuto mai il coraggio di dire quali erano – se c’erano… – le reali motivazioni di quel profondo cambiamento; nessuno ha mai spiegato in maniera costruttiva e intelligente quelle decisioni. Solo allusioni, mezze parole, voci fatte circolare ad arte, omertà.
Chi lascia la strada vecchia per la nuova…
Il resto è noto. Il vitto e l’alloggio che si volevano risparmiare con Stefano Protti (umiliare un allenatore che, simpatico o antipatico, aveva comunque centrato gli obiettivi stagionali non è stato un tocco di classe, diciamo così…) sono stati regolarmente elargiti, si suppone, al resto della truppa e a diversi nuovi arrivati. I grandi risparmi che si volevano registrare quest’anno rimarranno probabilmente sulla carta. In compenso la squadra – memore di ciò che era e consapevole di ciò che non riesce ancora ad essere – ha faticato terribilmente e non ha trovato ancora il bandolo della matassa. Insomma, è in crisi di identità e non riesce ad attivare il suo necessario iter di crescita.
Come non capire i rischi insiti nella bramosia di cambiamento?
Soprattutto ha lasciato basiti l’incapacità di valutare i rischi di questo brusco cambio della direzione di marcia. Disconoscere il recente passato con tanta facilità, infatti, non solo avrebbe comportato un rischio enorme in un campionato difficilissimo ma, per giunta, non avrebbe messo i nuovi responsabili tecnici nelle migliori condizioni di operare. Perchè un conto è subentrare dopo un fallimento, un altro è prendere il timone dopo una stagione dai più (ma qui tutte le opinioni sono accettabili) considerata positiva! Insomma, tutti gli “esseri pensanti” erano consci che le ombre di Protti e Andreatini avrebbero continuato ad aleggiare sul Recchioni, inevitabilmente. Condizionando in primis il lavoro di Bruniera. Che infatti aveva messo già le mani avanti…
Se poi consideriamo che i due – Protti e Andreatini – erano ancora sotto contratto, ecco che risultava facilmente prevedibile il continuo e stucchevole confronto con il recente passato. Un tarlo che, forse, si è inserito anche all’interno dello spogliatoio.
La vittima sacrificale
Dunque Andrea Bruniera appare, per certi versi, una vittima sacrificale. Con le parole dette nella conferenza stampa del 26 luglio aveva già posto le premesse per l’individuazione delle difficoltà che la stagione avrebbe presentato. Aveva fatto capire – indirettamente e suo malgrado – l’insensatezza di quella situazione ma, con professionalità e giusta ambizione personale, si era messo a disposizione della società, desideroso di sfruttare l’occasione. Con realismo, senza vendere fumo. Come una persona perbene come lui è solita fare. Ci avrà messo del suo in questo avvio traballante di stagione, su questo non ci sono dubbi. Diversi gli errori fatti, molte le indecisioni. Ma anche lui era conscio di avere moltissimo da perdere e assai poco da guadagnare. Non si può che ringraziarlo per averci provato!
Protti e una “vittoria di Pirro” da scongiurare
Dunque, nel confronto tra Stefano Protti e la società, nell’immediato è il mister che esce vittorioso da questa storia. E i tifosi non c’entrano nulla: fosse stato per loro, Protti e Andreatini non sarebbero mai andati via! Il tecnico romagnolo dovrebbe tornare al suo posto (se un’intesa sarà trovata questo pomeriggio) e dovrebbe riprendersi il ruolo per cui tanto aveva faticato. Ma basterà? Certamente questa non è la sua squadra: è abbastanza evidente il fatto che, se avesse potuto dire la sua, il mister avrebbe impostato il tutto in maniera diversa. Riuscirà a sintonizzarsi immediatamente con lo spogliatoio? Avrà modo di impattare subito sul gioco e sui risultati? Il ritmi del campionato, infatti, sono già alti e nessuno aspetterà i canarini. Troppo tempo è passato e il campionato 2023/24 si mostra terribile e particolarmente competitivo. Insomma, l’entusiasmo c’è, l’orgoglio pure. Ma il rischio è che la vittoria “morale” dell’allenatore romagnolo si trasformi in una sorta di “vittoria di Pirro”. Un’evenienza da scongiurare come la peste. Anche perchè aver individuato una “vittima sacrificale” – Bruniera – è stato accettato, decretarne una seconda (Protti) sarebbe ingiusto e definitivamente compromettente. Insomma, sì a Protti, ma solo se la dirigenza deciderà di crederci. In caso contrario, nel caso cioè dovesse configurarsi una sorta di “captatio benevolentiae” nei confronti dell’ambiente fermano, si ripartirebbe con il piede sbagliato. (Daniele Iacopini)