I nodi sono venuti al pettine. Da tempo sul piano agonistico e dei risultati, ma adesso anche sul versante degli atteggiamenti. Quello di ieri è stato un pomeriggio brutto, bruttissimo. Sul versante della sconfitta, certamente, ma anche in merito alla tenuta nervosa della squadra e dell’ambiente.
La verità è che la Fermana è implosa, letteralmente. Il pomeriggio vissuto al Bruno Recchioni è stato pesante, “di rottura” rispetto al recente passato. Se fino ad oggi, infatti, erano venute a mancare le prestazioni e – di conseguenza – i risultati, ma era stata mantenuta una sostanziale dignità di atteggiamento, stavolta si è verificata una vera e propria implosione che ha coinvolto tutte le componenti più importanti.
Quella vista contro l’Arezzo è una squadra sì alla deriva sul piano tecnico, ma soprattutto una squadra ben oltre l’orlo della crisi di nervi. E’ stato il pomeriggio della deflagrazione totale, che ha coinvolto tutti: giocatori nervosi tra loro e con il tecnico; giocatori che reagiscono e fanno gesti ai tifosi; tifosi che contestano apertamente la dirigenza; ecc…
Insomma, una sorta di delirio collettivo.
Come andare avanti?
Se così stanno le cose – e tutti i presenti non possono che aver preso atto di questo – risulta difficile capire come andare avanti. E poco aiutano in questo esercizio di comprensione le parole a fine gara del Direttore generale Galassi, unico tesserato arrivato in sala stampa per dire che “si sta creando un clima non simpatico” e che “anche se sembra impossibile, noi ci vogliamo credere”.
Ma, al di là delle buone intenzioni, cos’è recuperabile dopo quanto visto? Certamente non sarà possibile andare avanti con le modalità adottate fino a oggi. Non c’è componente che, in questo momento, sembra salvarsi e mettersi al riparo dalle giuste critiche. La società e la sua gestione confusa e pressapochista; la squadra e la sua ormai evidente difficoltà ad essere competitiva; uno staff tecnico che continua a puntare su aspetti tattici che non stanno dando risultati, anche in relazione alle caratteristiche dei giocatori. Si fa oggettivamente fatica a pensare che si possa andare avanti così. Anche perchè mancano quasi 6 mesi alla fine del campionato e, senza una svolta, le settimane assumeranno le sembianze di una insopportabile veglia funebre.
Serve una svolta, dunque. Ma vera, non come quella che ha portato alle dimissioni (?) dell’ex direttore generale. Anche perchè se a quanto detto aggiungiamo anche le difficoltà economiche in cui versa la società, allora il quadro è davvero completo.
La sortita dei tifosi e la gestione della pressione
L’impressione è che la sortita dei tifosi nello spogliatoio alla vigilia della partita con l’Arezzo abbia allontanato un po’ squadra e società. La società sembra aver tollerato la richiesta dei sostenitori di avere un faccia a faccia con la squadra, sperando in uno scossone psicologico. La squadra, da parte sua, potrebbe aver preso male la cosa. E probabilmente si è sentita sotto pressione.
Di certo, però, è il momento delle scelte. Per tutti. I giocatori che non si sentono in grado di reggere la pressione di una stagione così pesante sul piano psicologico, è giusto che chiedano di mettersi da parte. Gli altri vadano avanti a testa alta. Anche alleggerendo – come si spera debba accadere – la pressione sull’ambiente, non c’è dubbio che i mesi che verranno necessitano di elementi forti, capaci di trovare dentro se stessi le ragioni e le risorse psicologiche per continuare a lottare. Di mezze misure, putroppo, non è più tempo. Nè c’è la possibilità di attendere i tempi di crescita dei singoli. Il futuro è adesso, per tutti.
L’importanza di “disturbare il manovratore”
Spesso si invoca la necessità di “non disturbare il manovratore”. Nel calcio questa richiesta non può essere accolta. Per esperienza dobbiamo dire che tutti i mali della Fermana, lontani e recenti, passano dall’osservazione silenziosa, ossequiosa e impaurita della situazione. Si pensi al recente passato: la paura di un allontanamento del patron Vecchiola ha consentito a chi aveva intorno di fare il bello e cattivo tempo, fino alla retrocessione di 2 anni fa e alla scoperta di un debito eccessivo per chi aveva sempre detto che sarebbero mancati i giocatori forti ma non certo la serietà di gestione…
Poi si è arrivati a questa estate, e la critica ad alcune scelte oggettivamente scriteriate è stata considerata quasi blasfema dalla dirigenza, fino alla mai sopita tentazione di dividere la città e i tifosi in “buoni” e “cattivi”.
A noi piace ricordare, sommessamente, che il momento più alto del calcio fermano – fine anni 90, inizio del terzo millennio – è stato frutto delle maggiori divisioni e delle più forti contrapposizioni. Perchè dove c’è acquiescenza, c’è morte. E nel silenzio è forte solo la voce dei cattivi consiglieri o, peggio, di quelli interessati.
A proposito di dirigenza…
Un ultimo riferimento lo vogliamo lasciare per la dirigenza e, in particolare, per la famiglia Simoni. Il presidente Umberto e i suoi figli si sono presi quest’anno una brutta gatta da pelare. Dapprima si sono messi di traverso di fronte alla possibilità di cessione della società a persone ritenute non affidabili. Un fatto che, se vero, non può che essere considerato meritorio. Poi hanno deciso di acquisire tutte le quote, sottolineando però in conferenza stampa di non avere le potenzialità per portare avanti una società di Serie C…
Adesso i nodi vengono al pettine. Circondatosi di dirigenti non all’altezza, Simoni può contare ormai solo sull’opera dei consulenti Tintinelli e Ribichini, che tuttavia sembrano dover svuotare il mare con il classico cucchiaino. Speriamo ci riescano, perchè se all’approssimazione gestionale si dovesse unire l’improvvisa mancanza di risorse…
Ma è soprattutto uno sforzo progettuale che si richiede adesso alla famiglia Simoni, che va ringraziata per quanto fa ma a cui va chiesta una visione più ampia. Non sappiamo se questa stagione se ne sia definitivamente andata. Di certo non si potrà distruggere anche il futuro. Ogni azione, ogni intervento, allora, dovrà cercare di garantire alla Fermana un futuro dignitoso. In questa categoria o in quella inferiore. Vero che i problemi vengono da lontano e sono stati anche ereditati. Ma rimanere con il cerino in mano non appare atteggiamento possibile e intelligente. (da.iac)