Tecnicamente l’ho sempre criticato: da anni chi assisteva alle performance della Juventus non è più riuscito a godersi un match degno di questo nome. Sia chiaro: non amo gli “scienziati del calcio”, quelli che nascondono la semplicità con concetti astrusi e spesso incomprensibili agli stessi ideatori. Ma non c’è dubbio che negli ultimi anni la semplicità allegriana aveva sconfinato in uno sterile utilitarismo, dove qualsiasi velleità tecnica è stata sacrificata sull’altare del “corto muso” (vedasi a testimonianza di ciò, la regressione tecnico-tattica fatta negli ultimi anni da un brasiliano come Alex Sandro, che lui riproporrebbe anche come attaccante centrale…). Fino ad arrivare a spiegazioni offensive per l’intelligenza anche del tifoso più “obnubilato” (“il calcio è semplice, basta passare la palla a uno che ha la tua stessa maglietta”)… Qualcuno ha definito il suo approccio “mesozoico”, espressione di un’era pallonara che fatica ad adattarsi alle nuove parole d’ordine. Chissà, forse anche questa analisi è sbagliata e eccessiva.
Di certo mister Allegri, l’uomo della semplicità scansonata, della portata per i fondelli velata, è imploso, dando spazio a un isterismo da lui sempre combattuto a suon di ironia. Il modo più clamoroso per chiudere un’epoca. Ma è davvero finita? Davvero con Allegri esce di scena un certo modo di fare calcio? Davvero dietro questo esonero si cela un cambio di rotta? E’ questo che ci interessa, più del semplice cambio di un allenatore che, ovviamente, ai tifosi avversari interessa ben poco. Ma Allegri rappresentava uno stile, una filosofia. Dunque: è l’avvicendamento di un tecnico o un passaggio epocale?
Certo, giocare semplice senza calciatori di grande livello appare difficile. E non c’è dubbio che la Juventus dei Platini e dei Baggio, dei Del Piero e degli Zidane, dei Nedved e dei Camoranesi, dei Dybala e dei Tevez, non c’è più. E la squadra bianconera ha pagato la rosa forse tecnicamente meno dotata della storia recente. Insomma, calcio “basico” o calcio “strutturato”, alla fine sono sempre i giocatori che fanno la differenza.
Questo è chiaro a tutti. Ma allora, perchè questa uscita di scena così isterica per un tecnico che da decenni circola nel dorato mondo della pedata e ne conosce segreti e virtù?
Chissà, forse davvero ha avuto la percezione di essere in presenza di un momento più significativo di quello che un esonero può far pensare. Davvero ha avuto la sensazione di qualcosa di più di un allontanamento momentaneo. Chissà…
Ora, per dirla con un’altra sua celebre metafora, è al prato a sgambare. Ma ci è arrivato come un cavallo scosso del palio!
Esonero di un tecnico o fine di un modo di fare calcio?
Ovviamente il futuro è un’incognita e nessuno può dire cosa succederà, a partire dalle qualità del suo successore. Da vedere anche le capacità di un Giuntoli di cui, a Fermo, conosciamo bene la piramide organizzativa…
Allegri ha fatto molto sul piano della gestione, soprattutto lo scorso anno. Questo gli va riconosciuto. Ma il suo ciclo era finito e lui lo sapeva: troppo esperto e scaltro per non capire che la scenata dell’altra sera avrebbe avuto conseguenze.
Al di là dello “stile Juve” (tutti in società avrebbero voluto urlare in faccia a Rocchi e Maresca e Gravina le stesse cose per quanto visto negli ultimi anni…), l’allenatore ha messo la società con le spalle al muro: impossibile per tutti far finta di niente, anche perché – in assenza di provvedimenti – ciascun giocatore o tecnico si sarebbe sentito legittimato in futuro a fare altrettanto!
Che dire? Di tecnici alla Lippi, capaci di dimettersi, non ce ne sono più in giro. È un finale che provoca dispiacere non solo a molti tifosi juventini ma anche a tutti coloro che vedono il calcio in una certa maniera.
Ps: “Vincere è l’unica cosa che conta”, recita un motto juventino. Ma nel giorno in cui la società si aggiudica un trofeo, allontana il proprio tecnico. Insomma, “vincere è l’unica cosa che conta”, ma non senza condizioni e a patto di saper vincere. Dopo decenni, è finalmente chiaro anche questo celebre brocardo, molto spesso criticato.